L'approfondimento economico

Angus Deaton ha vinto il premio Nobel per le sue analisi sui consumi. Importanti quelli sui nuclei famigliari di fronte allo choc dell'andamento del reddito

I segreti del consumatore

di Piero Cenerini
Dottore commercialista - Docente di Economia aziendale
pierocenerini@outlook.it

Il 12 ottobre 2015 l'Accademia Reale Svedese ha deciso di premiare Angus Deaton (nella foto sotto) con il premio Nobel per le sue analisi sui consumi, sulla povertà e sul welfare.
L'imprenditore, anche piccolo, in questo lungo periodo di crisi, ha ben capito cosa significa la propensione al consumo dei potenziali clienti. Lo hanno capito gli imprenditori edili che hanno acquistato immobili da ristrutturare e poi non sono riusciti a venderli per il sopraggiungere della crisi.
Per questo sono importanti gli studi di Deaton dedicati più che a studi di macroeconomia con statistiche complesse e formule matematiche, all'esame della analisi dei consumi dei nuclei famigliari a livello quindi microeconomico di fronte allo choc dell'andamento del reddito. Alcune sue osservazioni sorprendono.
Secondo il premio Nobel esiste una eccessiva regolarità dei consumi delle famiglie. Deaton ha quantificato in dollari 75.000 il limite oltre il quale la soddisfazione delle persone non aumenta perché diminuiscono i desideri da appagare.
Ancora, di conseguenza, oltre tale limite di reddito, diminuisce la felicità delle persone.
Ha stupito il suo paradosso: le disuguaglianze sono necessarie alla crescita e allo sviluppo. Quest'ultima è una tesi singolare che stupisce e fa meditare ed è condivisa da chi è riuscito con la “fuga” a passare dalla povertà alla ricchezza.
Il premio Nobel spiega questo concetto nella premessa di un suo libro recentemente pubblicato intitolato “LA GRANDE FUGA: SALUTE, BENESSERE E LE ORIGINI DELLA INEGUAGLIANZA”.
“La grande fuga“ è il titolo di un film in cui si narra la fuga da un campo di concentramento tedesco di 250 prigionieri. Solo tre riescono a fuggire, ma il film mette in evidenza non l'insuccesso di chi ha rinunciato alla fuga ma bensì lo struggente desiderio di libertà che porta a conquistarla.
Così succede anche nelle fughe dalla povertà e dall'indigenza. Non sempre la fuga riesce.
L'India e la Cina ci sono riuscite, l'Africa no quindi non sempre la disuguaglianza è conseguenza del progresso.
Questo paradosso mi è sembrata una asserzione in contrasto con l'esperienza comune. Ho dovuto ricorrere al dizionario della lingua italiana ove si legge che “paradosso" significa argomentazione in apparenza logicamente corretta che deduce a conclusioni contraddittorie e in contrasto con l'esperienza comune da premesse plausibili. A me sembra tuttavia che Deaton voglia contenere le ineguaglianze “entro certi limiti“ oltre i quali si forma all'interno di uno stato una plutocrazia, un gruppo di individui che grazie alla disponibilità di grossi capitali impedisce la fuga verso il welfare.
Da quel campo di concentramento su 250 prigionieri fuggirono in tre. Si può allora accusare come nel titolo del libro che tutti quelli che non hanno tentato la fuga hanno dato origine alla disuguaglianza? Per me no: molti non tentarono la fuga perché la fuga era difficilissima, di fatto molti morirono, altri furono catturati e riportati al campo, altri ancora non lo lasciarono mai.
I giovani che sono fuggiti all'estero a cercarsi un lavoro sono stati i nostri eroi. Non si può pero biasimare chi per età e per la sua situazione famigliare non è riuscito. Il premio Nobel Deaton ha studiato e scritto per tutta la vita il comportamento dei consumatori ed è praticamente uno psicologo della economia. Il suo libro può essere utile agli imprenditori che nelle loro previsioni cercano sempre di capire che cosa hanno e avranno in testa i loro adorati consumatori.