Personaggio del mese

L’intervista a Luca Carboni, cantautore

“Sono molto ‘Happy’ per la mia canzone agli Europei di calcio”

Di Paola Frontera

Più di trent’anni di carriera, un legame profondissimo con la sua città, Bologna, e ancora tante emozioni da cantare. Luca Carboni, nonostante l’aria schiva che da sempre sembra a disagio di fronte al successo, questo successo continua a meritarselo: l’ultimo album, POP-UP, ha addirittura regalato la colonna sonora ai prossimi Europei di calcio.

Il brano Happy è stato scelto da Sky come sigla italiana degli Europei di Calcio in programma in Francia: è stata una sorpresa?
Sono molto happy per questa decisione e devo dire che è stata una sorpresa, una bella sorpresa, arrivata a mia insaputa: qualcuno di Sky ha sentito il disco e ha pensato che fosse adatto per accompagnare gli Europei che si tengono in Francia, colpita di recente da eventi drammatici. Per queste ragioni ho pensato che ci fosse bisogno di associare gli Europei a un senso di gioia e felicità e gioco. Sono stato ben contento di accettare questa idea e a questo punto Happy diventa un altro singolo, mentre prima non era in programma.

Sarai felice di questa scelta anche per la tua passione per il calcio…
Certo che sì, anche perché la canzone oltre agli Europei accompagnerà anche la Coppa America, quindi significa centinaia di partite. Sono tifoso del Bologna e appassionato in genere di calcio, della poesia e arte di certe giocate, mi piace proprio guardare le partite.

“Bologna era l’ombelico del mondo e per certi versi lo è ancora: se qualcuno qui ha talento, ha una buona idea, può realizzarsi senza doversi spostare”.

Happy fa parte dell’ultimo album, POP-UP, pieno di suoni nuovi e di arrangiamenti inediti. Nello stesso tempo la sensazione è che rispetto alle tue prime canzoni ci sia qualcosa che non è cambiato e che continui a cantare con la stessa forza di sempre: i sentimenti, l’amore, l’amore per Bologna. E’ così?
Dentro un album c’è tantissima roba, convivono tantissime emozioni. Mi ero accorto anche io che in ogni canzone si trova l’amore, da diversi punti di vista. Trovo che sia vero: è chiaro poi che ci sono canzoni ispirate dall’amore, e canzoni invece ispirate da altro, come Luca lo stesso, dove però c’è una piccola dedica a questo sentimento e ai suoi aspetti più contraddittori. Poi Bologna…è il posto dove sono nato, e credo che in ognuno di noi il luogo dove si nasce lasci un karma che ti rimane dentro, anche se vai via. Io ho avuto la fortuna di cantare e di poter cantare la mia città: fuori da Bologna trovavano dentro le mie canzoni la bolognesità, anche se non c’era. In questo modo mi sono sentito ancora di più una voce della mia città anche se canto qualcosa che con Bologna non c’entra. Questo perché le atmosfere delle mie canzoni sono figlie del rapporto che ho con Bologna, è inevitabile.

Il brano “Happy” dall’album POP-UP è stato scelto da Sky come sigla italiana dei campionati in programma in Francia. “Una bella sorpresa, ho pensato che ci fosse bisogno di associare gli Europei a un senso di gioia e felicità e gioco”.

E qual è il rapporto che hai con Bologna?
E’ un rapporto profondo. La vivo molto e considero un privilegio essere nato a Bologna. Pian piano mi sono reso conto che essere di Bologna ci consente di avere anche un modo molto particolare di rapportarci con gli altri, per la grande tradizione di accoglienza della nostra città. Tutto ciò che sono e che canto è mediato soprattutto dall’appartenere a questa comunità. Nel mio destino, poi, è stato fondamentale essere di Bologna perché mi ha permesso di crescere con tanti stimoli grazie all’università, alla cultura, all’arte che qui circolano normalmente. Mi ha dato l’opportunità di diventare autore per gli Stadio: Bologna era il centro del mondo anche per la musica italiana, e per me è stato incredibile avere tutto a portata di mano, un grande vantaggio rispetto a tanti altri artisti costretti a cercare la loro strada altrove. Bologna era l’ombelico del mondo e per certi versi lo è ancora: se qualcuno qui ha talento, ha una buona idea, può realizzarsi senza doversi spostare.

Eri giovanissimo quando hai fondato i Teobaldi Rock. Cosa ti è rimasto di quel periodo?
Sì, avevo 14 anni quando ho fondato la band dei Teobaldi rock, ero in prima superiore e suonavo, non cantavo ancora. Facevo il commesso per guadagnare fondi da investire nella musica, per comprare gli strumenti, affittare le sale: sapevo che quella era la mia strada. Con i Teobaldi Rock sognavo di fare tantissime cose ma quando avevamo circa 19 anni la band si sciolse. La vera sorpresa per me è stata quella di aver trovato l’energia per andare da solo, anche se mi è rimasta dentro la cultura della band. Non mi sento un solista, mi piace molto condividere il palco con altri artisti e con i miei musicisti. Fare il front-man non è nel mio Dna, la band invece sì.

Oltre alla musica continui a coltivare le altre tue passioni, come la pittura?
Ho tante passioni e mi piacerebbe dedicarmi a tutto ciò che amo, anche se poi diventa tutto secondario rispetto alla musica… Mi piace molto fare il falegname, mi sento molto artigiano in questo. Amo l’arte, mi piace dipingere. Sarò impegnato in molti concerti quest’estate ma sicuramente cercherò di trovare il tempo per vedere, per esempio, la mostra su David Bowie al Mambo di Bologna.

Ho tante passioni e mi piacerebbe dedicarmi a tutto ciò che amo, anche se poi diventa tutto secondario rispetto alla musica… Mi piace molto fare il falegname, mi sento molto artigiano in questo.